Procedura
di riassegnazione del nome a dominio
ORDINEAVVOCATI.IT
Ricorrente:
Ordine degli Avvocati di Roma (Avv. Ferdinando Tota)
Resistente: Mit Tecnologie S.r.l. (Avv. Andrea Monti)
Collegio (unipersonale): Dott. Fabrizio Bedarida
Svolgimento
della procedura
Con ricorso ricevuto da C.R.D.D.
per posta il 4 marzo 2010 e per e-mail l’8 marzo 2010
l’Ordine degli Avvocati di Roma, in persona del Presidente
Avv. Alessandro Cassiani, rappresentato e difeso nella presente
procedura dall’Avv. Ferdinando Tota, presso il cui studio in
Roma, Via Giacinto Carini, 58 si domiciliava, giusta delega in calce al
ricorso, introduceva una procedura di riassegnazione ai sensi
dell'art.3.1 del Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD
"it” (d'ora in poi Regolamento) e dell'art.5.6 del
Regolamento per l'assegnazione e la gestione dei nomi a dominio del
ccTLD "it" per ottenere il trasferimento in suo favore del nome a
dominio ordineavvocati.it, registrato dalla società Mit
Tecnologie S.r.l..
Ricevuto il ricorso e verificatane la regolarità, C.R.D.D.
effettuava i dovuti controlli dai quali risultava:
- a) che
il dominio ordineavvocati.it era stato creato il 7 aprile 2000 ed era
registrato a nome della società Mit Tecnologie S.r.l.;
- b) che
il nome a dominio era stato sottoposto ad opposizione e che la stessa
era stata registrata sul whois del Registro nel quale risultava il
valore “challenged”;
- c) che
digitando l’indirizzo http://www.ordineavvocati.it si
giungeva ad un sito web che promuoveva e pubblicizzava diversi prodotti
e servizi a favore degli avvocati, tra cui la p.e.c.- posta elettronica
certificata e un database mediante il quale si possono ricercare gli
avvocati iscritti all’albo professionale in Italia.
Dopo aver
effettuato le prescritte comunicazioni al Registro, C.R.D.D. inviava il
ricorso con annessa documentazione per raccomandata a.r alla Resistente
presso l’indirizzo risultante dal database del Registro, con
l'invito ad inviare a C.R.D.D. le proprie repliche entro 25 giorni dal
ricevimento.
La società Mit Tecnologie S.r.l. riceveva il plico
raccomandato in data 18 marzo 2010. Il 12 aprile 2010 la Resistente
inviava solo tramite posta ed in unica copia le repliche con annessa
documentazione. Peraltro nella replica era indicato come metodo di
comunicazione preferita la e-mail, ma veniva indicato un indirizzo
e-mail contenente delle limitazioni per i messaggi in entrata. C.R.D.D.
inviava dunque al difensore della Resistente una comunicazione via fax
nel quale lo invitava ad inviare le repliche in duplice copia cartacea
ed anche via e-mail, e ad indicare un ulteriore indirizzo di posta
elettronica che consentisse l’invio di messaggi, senza
limitazioni in entrata.
Pertanto C.R.D.D. il 16 aprile 2010 nominava quale esperto il
sottoscritto dott. Fabrizio Bedarida, che il successivo 20 aprile
accettava l'incarico.
In data 21 aprile 2010 C.R.D.D. riceveva la seconda copia cartacea del
ricorso con annessi documenti, che, in data 22 aprile 2010, provvedeva
a girare al Ricorrente.
In data 27 aprile, il Ricorrente richiedeva a C.R.D.D. di poter
controbattere alla replica della Resistente, domandando pertanto
l’assegnazione di un ulteriore termine per poter depositare
la propria contro replica. C.R.D.D. girava quindi tale
richiesta all’esperto affinché decidesse al
riguardo.
In data 30 aprile C.R.D.D. provvedeva a trasmettere alle parti
l’ordinanza, di pari data, con cui l’esperto, non
rilevando nella domanda del Ricorrente il sussistere delle circostanze
eccezionali richieste dall’art.4.10 del Regolamento e
ritenendo esauriente la documentazione agli atti del procedimento,
rigettava la richiesta del Ricorrente di poter produrre ulteriori
memorie.
Allegazioni
delle parti
a)
Allegazioni del Ricorrente.
Il Ricorrente è un
ente pubblico istituzionale avente la rappresentanza
dell’avvocatura.
A sostegno della propria richiesta di riassegnazione, il Ricorrente
afferma che il nome a dominio in contestazione include la propria
denominazione.
Il Ricorrente afferma inoltre che la Resistente non ha alcun titolo sul
nome a dominio ordineavvocati.it, in quanto esso non corrisponde
né alla denominazione della Resistente né al nome
del suo legale rappresentante e responsabile amministrativo del dominio.
Il Ricorrente ritiene che l’attività della
Resistente rientri nell’ipotesi prevista all’art.
3.7 d) del Regolamento per la riassegnazione dei domini, sostenendo che
il nome a dominio disputato sia stato utilizzato, per attrarre a scopo
di lucro, utenti di Internet ingenerando la probabilità di
confusione con il nome di un ente pubblico; ed in quella prevista alla
lettera b) del medesimo articolo, che prevede: “la
circostanza che il nome a dominio sia stato registrato dal Resistente
per impedire al titolare del diritto ad un nome, marchio, denominazione
anche geografica o altro segno distintivo riconosciuto dal diritto
nazionale o comunitario, di utilizzare tale nome, denominazione,
marchio o altro segno distintivo in un nome di dominio corrispondente
ed esso sia utilizzato per attività in concorrenza con
quella del ricorrente o, per gli enti pubblici, magistratura od altri
organi dello Stato, in modo da sviare i cittadini che ricerchino
informazioni relative ad attività
istituzionali”.
Il Ricorrente deduce poi la malafede della Resistente dal fatto che,
svolgendo essa attività strettamente connessa con quella
degli avvocati ed a questi principalmente rivolta, non poteva ignorare
l’esistenza della Ricorrente, ma anzi avrebbe costruito il
sito corrispondente al nome a dominio in contestazione al fine di
attirare gli utenti Internet sul proprio sito ed indurli a ritenere che
vi fosse un qualche collegamento tra Ricorrente e Resistente. A
sostegno di ciò il Ricorrente, oltre ad evidenziare la
propria notorietà, sottolinea il fatto che sul sito della
Resistente sia presente un link (collegamento elettronico) denominato
“Ordine degli Avvocati” che consente di individuare
i diversi consigli dell’Ordine esistenti in Italia, compreso
quello di Roma.
Il Ricorrente sostiene quindi che il sito corrispondente al nome a
dominio in contestazione dia l’impressione di essere un sito
a carattere nazionale che raggruppa tutti i Consigli degli Ordini degli
Avvocati, i quali in realtà, sono enti pubblici istituiti
per legge ed esistenti unicamente su base distrettuale.
Considerato poi che il Codice deontologico degli avvocati prevede un
espresso divieto di inserire messaggi promozionali sui propri siti, il
Ricorrente individua nel comportamento della Resistente anche un danno
alla propria immagine. Danno dovuto al fatto che l’utente
Internet, ritenendo il sito www.ordineavvocati.it come il sito
ufficiale del Ricorrente, è portato a credere che sia
proprio il Ricorrente (ponendo sul sito www.ordineavvocati.it spazi
pubblicitari che promuovono diversi prodotti e servizi) a contravvenire
al suddetto divieto deontologico.
Il Ricorrente deduce inoltre la malafede del Resistente
nell’uso del dominio, dal fatto che quest’ultimo
abbia rifiutato di oscurare il sito www.ordineavvocati.it, continuando
ad utilizzarlo nella medesima forma, nonostante fosse stato messo al
corrente dei diritti del Ricorrente e del pericolo di confusione e per
tutto ciò diffidato dal continuare un simile uso.
Il Ricorrente conclude pertanto chiedendo la riassegnazione del nome a
dominio.
b)
Allegazioni del Resistente.
La Resistente afferma che il
domino è stato registrato in buona fede, anni dopo che
l’Ordine degli Avvocati di Roma (il Ricorrente) aveva
registrato il proprio dominio ordineavvocati.roma.it (registrato il 3
luglio 1997).
Asserisce poi di non aver mai tentato di vendere il dominio in
questione o di averlo utilizzato in modo contrario alle norme tecniche
e alle leggi dello stato.
La Resistente sostiene che il nome del Ricorrente non è
contenuto nel nome a dominio in contestazione.
La Resistente afferma inoltre che il Ricorrente è privo di
ogni legittimazione attiva, atteso che non esiste alcun ente denominato
Ordine Avvocati, essendo gli ordini degli avvocati attualmente 165 e
costituiti presso ogni circondario di Tribunale, per cui ognuno di
questi ordini dovrebbe contenere nella propria denominazione
un’indicazione geografica, corrispondente al nome della
città in cui ha sede il Tribunale del circondario di
riferimento.
La Resistente evidenzia di aver registrato il dominio in contestazione
il 7 aprile 2000, “al fine di fornire servizi a
professionisti (avvocati)”, sostenendo che, a causa del
“bacino d’utenza ristretto e
qualificato”, sarebbe da escludere la possibilità
di confusione. In concreto la Resistente, in merito alla
confondibilità tra Ricorrente e Resistente, ritiene che essa
sia esclusa dal fatto che “i destinatari dei servizi offerti
dalla Resistente sono esclusivamente avvocati, ossia dei
“professionisti dotati di una diligenza sicuramente superiore
a quella dell’utente medio”, per cui “non
risulterebbe credibile che un avvocato iscritto in un albo presso uno
degli Ordini degli Avvocati su base distrettuale, non sia al corrente
dell’inesistenza di un Ordine nazionale, o
dell’esistenza di 165 Ordini differenti”.
Sempre in merito alla confondibilità, la Resistente
evidenzia che su tutte le pagine del sito è indicato che il
progetto ordineavvocati.it è di MIT Tecnologie S.r.l.
In merito alla pubblicità presente all’interno del
sito, la Resistente afferma che: “contrariamente a quanto
dedotto dal Ricorrente, la pubblicità posta sul proprio sito
è un’ulteriore peculiarità del servizio
commerciale offerto, nonché elemento di distinzione che ogni
avvocato potrà riscontare come contrastante con il Codice
Deontologico e pertanto estraneo ai siti degli Ordini degli Avvocati
distrettuali”.
A riprova della propria buona fede, la Resistente afferma e documenta
di aver più volte contattato (a partire dal 2003) i diversi
Ordini degli Avvocati illustrando il proprio progetto e mettendo a
disposizione i propri servizi.
La Resistente, afferma poi che il dominio sia pacificamente registrato
ed utilizzato da un decennio, come dimostrato dal fatto che
“gli altri Ordini non hanno agito nei confronti della
resistente pur essendo a conoscenza dell’attività
di quest’ultima, ma anzi c’è chi si
è servito dei suoi servizi”.
Motivi
della decisione
Questioni preliminari
a) Sul difetto di
legittimazione attiva e/o carenza di interesse
In via preliminare, la Resistente eccepisce il difetto di
legittimazione attiva dell’Ordine degli Avvocati di Roma, in
quanto la Ricorrente chiede l’assegnazione in via esclusiva
del nome a dominio contestato, pur essendo gli Ordini degli Avvocati
attualmente 165 e costituiti presso ogni circondario di tribunale e
considerando anche che non esiste alcun ente chiamato “Ordine
Avvocati”.
A questo proposito si constata che l’Ordine degli Avvocati,
in quanto ordine professionale, è un ente di diritto
pubblico, col compito di tutelare la qualità dello
svolgimento dell'attività svolta dai professionisti, cui lo
Stato ha affidato il compito di tenere aggiornato l'albo e di tutelare
la categoria professionale e il codice deontologico. L’Ordine
degli Avvocati ha scelto di strutturarsi su base distrettuale
attraverso la costituzione dei Consigli dell’Ordine, che sono
quindi organi professionali interni all’Ordine degli Avvocati
stesso. A tal proposito si osserva che la giurisprudenza ha in
più occasioni ribadito che i diversi Consigli
dell’ordine sono legittimati ad agire anche
nell’interesse dell’Ordine degli Avvocati nel suo
complesso. Ciò appare evidente nella Massima qui riportata:
“Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati è organo
rappresentativo dell'Ordine medesimo e ad esso, a norma dell'art.14
R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 e successive modificazioni sono
demandate tutte le più importanti funzioni giuridiche, con
proiezione anche esterna; pertanto, al detto organo compete anche il
potere di promuovere e di resistere alle liti a tutela non solo degli
interessi dei singoli partecipanti ma dell'istituzione nel suo
complesso.” (T.a.r. Lazio, sez. I, 23-01-2002; n.
622).
Conseguentemente il Ricorrente è legittimato ad agire tanto
nell’interesse dell’Ordine degli Avvocati in
sé considerato, quanto nell’interesse del singolo
Consiglio dell’Ordine di Roma, l’eccezione viene
pertanto ritenuta infondata.
Nel merito.
1.
Identità e confondibilità del nome a dominio.
Il primo requisito previsto
dall’art.3.6, I comma, lettera a) del Regolamento per la
riassegnazione del nome a dominio prevede che “il nome a dominio deve essere
identico o tale da indurre confusione rispetto ad un marchio, o altro
segno distintivo aziendale, su cui il ricorrente vanta diritti, o al
proprio nome e cognome”.
L’art. 4.2.4 delle Linee Guida del Regolamento - Verifica dei
diritti sul nome a dominio -, riprendendo quanto indicato dal su citato
art. 3.6 ed a spiegazione dello stesso, indica, quale prima condizione
per ottenere la riassegnazione di un nome a dominio, che chi lo ha
sottoposto a opposizione vanti un diritto sullo stesso.
Individua poi, quale esempio di un valido diritto sul nome a
dominio disputato, le seguenti voci: diritti di proprietà
intellettuale od industriale, quali marchi, diritto d’autore,
diritto alla denominazione e ragione sociale, alla ditta,
all’insegna, al nome proprio e cognome.
Posto quindi che per confondibilità si deve intendere
l’identità od una somiglianza tale da indurre
confusione tra il dominio contestato ed un diritto sul quale il
Ricorrente possa vantare un diritto, nel presente caso si rileva
l’esistenza di detta confondibilità tra il dominio
contestato ed il nome del Ricorrente.
Nella fattispecie in esame si rileva infatti come il nome a dominio
ordineavvocati.it sia costituito dalle principali parole che compongono
la denominazione sociale del Ricorrente, Ordine degli Avvocati di Roma,
con le sole differenze dell’uso dell’indicazione
geografica “Roma” e dell’omissione delle
preposizioni “degli” e “di”. Si
osserva a questo proposito come, su Internet, sia prassi omettere le
parti non essenziali al fine di rendere il dominio più breve.
L’assenza nel nome a dominio contestato
dell’indicazione geografica e delle preposizioni, costituisce
quindi una minima differenza non idonea ad eliminare il rischio della
confondibilità.
In verità, la possibilità per l’utente
medio di confondere il dominio contestato con quello del Ricorrente o
con quello di un Ente a cui lo stesso Ricorrente appartenga,
è accresciuta dal fatto che molti Consigli
dell’Ordine hanno adottato nomi a dominio costituiti dalla
forma ordineavvocati.citta.it, come nel caso del dominio del
Ricorrente, ordineavvocati.roma.it. L’utente medio, non
ricordando/conoscendo l’esatto indirizzo, o ritenendo che
l’indicazione della città, Roma, possa essere
necessaria per reperire una sotto pagina del sito principale,
può rimanere facilmente confuso tra Ricorrente e
Resistente.
Per completezza è da osservare che, data la legittimazione
del Ricorrente ad attivarsi anche nell’interesse
dell’Ordine professionale tutto, il confronto di
confondibilità tra nome a dominio contestato e diritto
vantato dal Ricorrente, deve essere fatto anche con la denominazione
Ordine degli Avvocati. La confondibilità risulta pertanto
ancora più evidente.
Per quanto attiene poi all’osservazione fatta dalla
Resistente che la confondibilità tra Ricorrente e
Resistente, sia esclusa dal fatto che a) “i destinatari dei
servizi offerti dalla Resistente sono esclusivamente avvocati, ossia
dei professionisti dotati di una diligenza sicuramente superiore a
quella dell’utente medio”, per cui “non
risulterebbe credibile che un avvocato iscritto in un albo presso uno
degli Ordini degli Avvocati su base distrettuale, non sia al corrente
dell’inesistenza di un Ordine nazionale, o
dell’esistenza di 165 Ordini differenti; e b) che su tutte le
pagine del sito della resistente compaia l’indicazione che
“ordineavvocati.it è un progetto MIT Tecnologie
Srl”, si osserva quanto segue:
In primo luogo, si ritiene che la confondibilità tra dominio
disputato e diritto vantato sia da valutare in riferimento
all’impressione iniziale che riceve l’utente: il
pubblico non deve essere confuso neanche per un momento
sull’origine del sito a cui il dominio indirizza.
E’ questa la cosiddetta tesi della “confusione
iniziale” sostenuta da un consistente numero di Collegi
nazionali e internazionali. Essa afferma che la
confondibilità tra il dominio disputato ed il segno/diritto
vantato dal Ricorrente, debba essere valutata senza tener conto di
disclaimer o altri elementi distintivi posti sul sito corrispondente al
dominio. Non rileva quindi il fatto che all’interno del sito
vi siano contenuti tali per cui l’utente possa rendersi conto
dell’assenza di un collegamento tra il titolare di un diritto
e l’assegnatario del dominio disputato. A titolo di esempio
si vedano MicroFinancial, Inc. v Glenn Harrison, WIPO Case No
D2003-0396 “The
nature of the Internet is such that, on viewing the disputed domain
name, the public will think it leads to a web site endorsed by the
Complainant. As the Respondent counters, it certainly is true that,
upon arriving at the Respondent’s web site, the public would
realize that this is instead a protest site devoted to exposing what
the Respondent and others feel are the Complainant’s
shortcomings. The Policy however does not countenance this "initial
confusion". The same is true for the public that types in the disputed
domain name looking for the Complainant: they have a right to expect to
find the Complainant at a web site whose name is so close to the
Complainant’s service mark.”; e Myer
Stores Limited v. Mr. David John Singh, WIPO Case No. D2001-0763
“The test of
confusing similarity under the Policy, unlike trademark infringement or
unfair competition cases, is confined to a consideration of the
disputed domain name and the trademark. Accordingly, disclaimers placed
on the website are irrelevant.”
Secondariamente, la scritta MIT Tecnologie Srl., tanto per la piccola
dimensione dei caratteri utilizzati, quanto per la collocazione a fondo
pagina della stessa, da l’impressione che la MIT Tecnologie
Srl, sia la responsabile della gestione tecnica del sito (vale a dire
il Provider che fornisce i servizi al titolare del sito) e non la
titolare del progetto che, al contrario, per l’impostazione
data al sito, sembra doversi riferire all’Ordine degli
Avvocati e quindi in senso lato al Ricorrente. Questo Collegio ritiene
quindi che l’indicazione “ordineavvocati.it
è un progetto MIT Tecnologie Srl” così
come posta, non sia sufficiente né ad evitare la confusione
iniziale né a chiarire all’utente che il progetto
ed il sito non siano autorizzati o collegati al Ricorrente (e/o ad
altro Consiglio dell’ordine).
Infine, si deve tener presente che, sebbene il dichiarato scopo della
Resistente sia quello di offrire e vendere servizi “esclusivamente ad avvocati”,
ciò non toglie che il sito www.ordineavvocati.it sia di
libero accesso a chiunque, indipendentemente dalla propria formazione.
Il sito, presentandosi come “Ordineavvocati.it la Directory
degli avvocati italiani”, potrebbe pertanto
facilmente confondere l’utente medio che magari ha proprio
bisogno di un avvocato o di consulenze legali e cerca su Internet le
relative informazioni.
Se quindi l’affermazione della Resistente, che gli avvocati
potrebbero facilmente rilevare di essere in presenza di un sito non
autorizzato e quindi difficilmente confondersi, potrebbe avere un suo
fondamento, non può tuttavia ritenersi valida per tutti gli
altri utenti che ovviamente costituiscono la maggioranza della rete.
Per quanto sin qui visto, si ritiene che vi sia
confondibilità tra il nome a dominio contestato e
la denominazione del Ricorrente e di conseguenza che sussista
quanto richiesto dall’art.3.6, I comma, lettera a) del
Regolamento.
2.
Diritto o titolo del Resistente al nome a dominio in contestazione.
Secondo quanto previsto dal
Regolamento all’art.3.6, una volta che la Ricorrente abbia
provato i propri diritti sul nome corrispondente al nome a dominio
contestato, spetta alla Resistente provare un proprio concorrente
diritto, titolo o legittimo interesse al nome a dominio contestato,
oppure provare l’esistenza delle circostanze dalle quali il
suddetto art.3.6 (lettera b) del Regolamento deduce la presunzione
dell’esistenza di un titolo al nome a dominio in capo alla
Resistente.
Dagli atti acquisiti da questa procedura e da quanto sopra esposto, non
risulta che la
Resistente prima di avere avuto notizia dell’opposizione in
buona fede ha usato o si è preparata oggettivamente ad usare
il nome a dominio o un nome ad esso corrispondente per offerta al
pubblico di beni e servizi (art.3.6.1); non risulta
altresì che
la Resistente sia conosciuta, personalmente, come associazione o ente
commerciale con il nome corrispondente al dominio registrato
(art.3.6.2); non risulta infine che la Resistente stia facendo del
nome a dominio un legittimo uso non commerciale oppure commerciale
senza l’intento di sviare la clientela del Ricorrente o di
violarne il marchio registrato (art.3.6.3).
Per completezza, in merito all’ipotesi della Resistente
secondo cui l’uso del nome a dominio non contestato dal
Ricorrente per diversi anni costituirebbe in capo alla Resistente un
suo diritto sul nome a dominio, si osserva che essa non trova alcuna
conferma nel Regolamento né in altra norma di legge.
L’acquiescenza della registrazione di un dominio da parte del
titolare di un diritto corrispondente (che può essere data
da più motivi), come riconosciuto tanto dalla prassi
nazionale quanto da quella internazionale, non legittima il titolare di
un dominio che sia stato registrato in mala fede. In tal senso si veda
ad es. WIPO Case No. D2004-0498 Volkswagen AG v. David’s
Volkswagen Page (nome a dominio volkswagen.org), dove il Collegio
affermava che: “The
fact that Volkswagen of America may have acquiesced for some time in
Respondent’s use of the domain name does not constitute a
legitimate right or interest” (Il fatto che la
Volkswagen America possa aver tollerato per qualche tempo
l’uso del dominio da parte della resistente non costituisce
un legittimo diritto o interesse).
Si deve infine notare che da quanto allegato alla propria replica dalla
Resistente e contrariamente a quanto dalla stessa affermato, emerge che
oltre al Ricorrente anche l’Ordine degli Avvocati di Milano
aveva diffidato (già nel 2008) la Resistente
dall’uso del dominio e del sito corrispondente. Inoltre, non
è dato sapere dagli atti della procedura se, oltre ai
Consigli di Roma e Milano, ve ne siano stati altri che abbiano nel
tempo diffidato la Resistente.
Non è quindi stato rinvenuto da questo Collegio alcun
elemento che potesse provare la sussistenza di una delle circostanze
dalle quali l’art.3.6 del Regolamento autorizza a dedurre
l’esistenza di un titolo al nome a dominio in capo alla
Resistente.
In conclusione, per quanto su esposto, non è dimostrato in
capo alla Resistente un qualsiasi diritto o titolo in relazione al nome
contestato, per cui è da ritenersi sussistente anche il
secondo requisito previsto dall’art.3.6 lettera b) del
Regolamento.
3.
Malafede del Resistente.
L’art.3.7 del
Regolamento prevede una serie di circostanze che, se dimostrate, sono
ritenute prova della registrazione e dell’uso del dominio in
malafede. Si tratta di circostanze provate le quali si forma una
presunzione di registrazione e mantenimento del dominio in malafede.
Fra queste si riporta in particolare la circostanza sub e), ossia che
“il nome a dominio sia un nome proprio, ovvero un nome di
ente pubblico o privato per il quale non esista alcun collegamento
dimostrabile tra il titolare del nome a dominio ed il nome a dominio
registrato”.
L’esistenza di tale circostanza è stata addotta
dalla Ricorrente quale elemento a riprova della malafede del Resistente.
Tale circostanza si può indubbiamente ritenere applicabile
al caso di specie. Il Resistente non ha infatti documentato e/o provato
in alcun modo l’esistenza di un dimostrabile collegamento fra
il Resistente, titolare del nome a dominio, ed il nome a dominio
registrato. A tal proposito, se è vero che al momento della
registrazione del nome a dominio da parte del Resistente, la
circostanza sub e) del predetto art. 3.7 del Regolamento non era
indicata tra quelle da cui dedurre la malafede del Resistente,
è altrettanto vero che la suddetta norma, nella sua
precedente versione, chiariva che l’elenco in essa contenuto
era a titolo esemplificativo, per cui potevano essere prese in
considerazione anche altre circostanze, oltre a quelle indicate, da cui
poter desumere la malafede della Resistente.
La malafede emerge anche dal fatto che il sito a cui indirizza il
dominio oggetto di contestazione è utilizzato a fini
commerciali, e proprio per la fornitura online di servizi confondibili
con quelli offerti dal Ricorrente. Peraltro, tra i servizi offerti
dalla Resistente, vi è un database che consente di
individuare i nominativi degli avvocati presenti in Italia. Tuttavia
tale servizio non offre le dovute garanzie né che i soggetti
ivi presenti siano realmente avvocati, né che vi siano
inseriti tutti gli avvocati italiani.
Il nome a dominio in contestazione appare quindi essere stato
registrato e utilizzato intenzionalmente per ingenerare confusione con
il nome del Ricorrente con l’intento di attrarre, allo scopo
di trarne profitto, utenti di Internet, che erroneamente ritengano che
vi sia un qualche legame fra l’Ordine degli Avvocati e la
Resistente.
Il pubblico è quindi indotto a ritenere che il sito Internet
www.ordineavvocati.it sia il sito ufficiale del Ricorrente. Circostanza
questa che, secondo l’art.3.7 lett. d) del Regolamento,
è da ritenersi prova della registrazione e del mantenimento
in malafede del dominio in contestazione. A conferma di ciò,
dalla delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
Roma del 24 settembre 2009 (cfr. doc. 6 allegato al reclamo) emerge che
il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ha introdotto
il ricorso per la riassegnazione del nome a dominio in contestazione
proprio a seguito delle diverse segnalazioni di avvocati indotti in
errore sulla provenienza istituzionale del sito corrispondente al nome
a dominio in contestazione.
Per quanto riguarda il mantenimento del dominio in malafede, si rileva
che il Resistente ha continuato ad utilizzare il dominio per ospitarvi
un sito che offre servizi confondibili o attinenti con quelli offerti
dal Ricorrente, nonostante sia stato diffidato, prima
dall’Ordine degli Avvocati di Milano (giugno 2008) e
successivamente (ottobre 2009) dal Ricorrente per il tramite
dell’O.U.A. – Organismo Unitario
dell’Avvocatura Italiana.
A questo proposito si rileva che l’affermazione
della Resistente che “gli
altri Ordini non hanno agito nei confronti della resistente pur essendo
a conoscenza dell’attività di
quest’ultima, ma anzi c’è chi si
è servito dei suoi servizi”,
apparentemente tesa a dimostrare la propria buona fede per via del
silenzio degli altri Ordini, risulta in contraddizione con i documenti
allegati dalla stessa Resistente, che dimostrano invece come
l’Ordine degli Avvocati di Milano avesse scritto alla
Resistente già nel novembre 2007, chiedendole di conferire
con il Consiglio e procedendo poi ad inviare alla Resistente formale
diffida nel giugno del 2008 (cfr. doc. 7 e 9 allegati alla replica).
A ulteriore dimostrazione della propria buona fede la Resistente ha
documentato di aver più volte contattato i diversi Ordini
degli Avvocati illustrando il proprio progetto e mettendo a
disposizione i propri servizi. A tal proposito ha allegato copie di
lettere inviate nel 2003 e nel 2007.
La documentazione di cui sopra, consiste tuttavia in una pura proposta
commerciale dove in concreto sono solo illustrati i servizi Internet
offerti (indirizzi di posta elettronica, pagine web, siti dinamici
etc.). Questa documentazione non dimostra quindi che ci sia stata
alcuna chiara richiesta di autorizzazione all’uso del dominio
disputato e tanto meno che vi sia stata una sua concessione da parte
degli Ordini contattati. Non è altresì possibile
escludere che (come poi verificatosi a fronte dell’offerta
commerciale del 2007) non ci siano state sin dal 2003 reazioni negative
(ed eventualmente anche diffide) da parte dei vari Enti contattati
Dall’esame di quanto agli atti e in particolare dalle stesse
parole della Resistente, emerge poi che la Resistente, già
nel momento in cui ha registrato il nome a dominio ordineavvocati.it,
era pienamente consapevole della esistenza della Ricorrente e degli
altri Consigli dell’Ordine, essendo gli stessi “il bacino di utenza”
cui la Resistente intendeva rivolgersi per l’offerta dei
propri servizi. Ciò nonostante, la Resistente ha proceduto
alla registrazione del nome a dominio contestato, apparentemente, senza
richiedere alcuna preventiva autorizzazione. A questo proposito il
Collegio nota come l’“actual knowledge”,
ovvero, la conoscenza al momento della registrazione di un dominio
dell’esistenza di diritti altrui su un marchio (o altro
diritto riconosciuto) ad esso corrispondente, è stata
ripetutamente ritenuta da precedenti collegi, nazionali ed
internazionali, un ulteriore elemento da cui dedurre la malafede nella
registrazione dei domini.
Da quanto finora detto, emergono quindi le circostanze di cui ai punti
3.7 b), e cioè “la circostanza che il dominio
sia stato registrato dal resistente per impedire al legittimo titolare
del diritto ad un nome, marchio, denominazione anche geografica o altro
segno distintivo riconosciuto dal diritto nazionale o comunitario, di
utilizzare tale nome, denominazione, marchio o altro segno distintivo
in un nome di dominio corrispondente ed esso sia utilizzato per
attività in concorrenza con quella del ricorrente, o, per
gli enti pubblici, magistratura od altri organi dello Stato, in modo da
sviare cittadini che ricerchino informazioni relative ad
attività istituzionali”, e di cui al
punto d), ossia la “circostanza
che, nell’uso del nome a dominio, esso sia stato
intenzionalmente utilizzato per attrarre, a scopo di trarne profitto,
utenti di Internet, ingenerando la probabilità di confusione
con un nome oggetto di un diritto riconosciuto o stabilito dal diritto
nazionale e/o comunitario oppure con il nome di un ente pubblico”.
Si ritiene quindi dimostrata anche la malafede nella registrazione e
nel mantenimento del nome di dominio in contestazione.
In conclusione, per quanto su esposto, manca in capo alla Resistente un
qualsiasi diritto o titolo in relazione al nome contestato; ed essendo
state dimostrate dal Ricorrente le circostanze di cui
all’art.3.6, I comma, lett. a) e c) del Regolamento,
sussistono le condizioni per la riassegnazione del nome a dominio
ordineavvocati.it.
P.Q.M.
Si dispone la riassegnazione del
nome a dominio ordineavvocati.it all’Ordine degli Avvocati di
Roma, con sede in Roma, Piazza Cavour c/o Palazzo di Giustizia, c.a.p.
00193.
La presente decisione verrà comunicata al Registro del ccTLD
.it per i provvedimenti di sua competenza.
Milano, 5 maggio 2010
Dott. Fabrizio Bedarida
|